Chiamatemi Moderna Rosa

CHIAMATEMI MODERNA ROSA - per sito

Formato: libro
Pagine: 145
Prezzo di copertina:
12,00 euro
Collana: Oxumaré
ISBN: 978-88-98914-76-0

Racconto ironico e incanto profondo dove Moderna, una rosa nata da innesti e ibridazioni, intraprende un viaggio  che ripercorra la storia della sua vita e quella delle sue antenate, attraverso le leggende sullo splendore di antichi giardini. Ricerca della sua cultura originaria, educazione sentimentale, incontro e scontro con grandi donne e omini del passato… oltre che con lo stesso Fuco Lettore.

Dall’introduzione di Francesco Idotta:
“Il vagare di Moderna Rosa è un viaggio verticale, che non porta su alte vette innevate o sulle torri di castelli fatati, ma nel centro del cuore, là dove il risveglio non sarà traumatico, ma pieno di sorprese.
[…]
Clelia accompagna la sua Rosa alla ricerca delle origini: tra le pagine di un monologo intenso, teoretico, che si trasforma in discorso sull’essere e sul divenire. La sua Rosa partorisce un canto, dopo essere arrivata fino in Francia meridionale, luogo simbolico, dove sperimenta il suo ininterrotto divenire. Tra le terre bagnate dal fiume Rodano, che in occitano è detto Ròse e che significa fluire, Moderna Rosa non si accontenta più di essere, ma vuole tramutarsi, perché si sente allo stesso tempo sasso e nuvola, riso e pianto, proprio come il Pictor di Hermann Hesse.
Clelia Lanucara ci induce a danzare e ci porta con la sua poesia su un promontorio elevato e ridente, da lì ci fa sentire odori e suoni, che dal fondo della valle non si possono percepire. Un limite può essere la gravità, ma solo per l’uomo folle, colui che si ostina, come direbbe Nietzsche, a trascinarsi il cadavere di Dio sulle spalle, ma per l’uomo nuovo, per colui che ha acuito, durante la salita, l’olfatto, non c’è più il velo di Maya, ma solo un magnifico scenario da contemplare, un canto nuovo da intonare e la leggerezza del pianto, che non è sintomo del dolore, ma euritmica partecipazione al tutto.
Questo di Clelia Lanucara è un libro dotto, ma la sua forza va al di là della sapienza in sé, perché risiede nel verso, multiplo e odoroso che l’autrice ha indicato alla parola. Il viaggio è di scoperta e nel vuoto il tempo si scompone in mirabili attimi di eternità.”

Estratto

Il Giardino: la scuola di Epicuro ad Atene. Il Ratto di Ganimede

Messaggio consegnato a una staffetta di api maratonete perché sia recapitato alle mie parenti rose di Rosateca e per conoscenza alle Edizioni del Gattaccio.

Anno 306 a. C.

Sono ad Atene, testimone di un avvenimento eccezionale: Fuco Epicuro, Epì per gli amici, sta per fondare la sua scuola Il Giardino.

Fuchi, api, farfalle, coleotteri, senza distinzione di status, sesso, età, potranno frequentarla. Epicuro sta per arrivare e Il Giardino pullula di seguaci frementi nell’attesa. Si percepiscono parole latine, greche, galliche, etc. Dalla soglia, Epicuro guarda soddisfatto e avanza lentamente posando sguardi di approvazione sugli astanti. Con levità accarezza un cespuglio di rose: «Non c’è gioia più grande del cogliere una rosa al mattino», dice prima di salutare i presenti che gli si accalcano intorno. «Kalimera a voi. Quanto siete belli nella vostra divisa, fuchi! Un casco fatto di enormi perle nere, due alti pennacchi mobili, un farsetto di velluto rossiccio percorso da strisce di luce, un vello eroico, un quadruplice mantello, rigido e traslucido. Vi sentirete definire epicuri de grege porci!5 Di noi dicono che siamo fannulloni, oziosi, che i nostri unici desideri siano nutrirci di nettare, dondolarci sui fiori, e un’ape regina da possedere anche solo per un attimo. Quanto son belle Ape Melissa e le sue amiche.

Stai coi fiori,
Ape, brusio di Thimo.
Il tuo lavoro è miele.

Conobbi Ape Melissa in Asia Minore, a Lampsaco. Avevo lì la mia precedente scuola. Debbo la mia vita a Melissa, la nutrice di Zeus! Mi ero lanciato all’inseguimento dell’ape regina e stavo per acciuffarla. Dietro di me, gli altri fuchi pretendenti cadevano a pezzi. Troppo veloce volava la regina e metteva tutti fuori gioco. Nessun fuco riusciva a raggiungerla, ma io stavo quasi per abbracciarla: «Girati, Fuco! Tornatene a casa!».

Ape Melissa era spaventata dalla fine che avrei fatto se l’avessi sposata. Mi ha salvato. Da quel momento la nutrice di Zeus nutre anche me, che onore! E oggi, qui, Ape Melissa è pronta ad un mio cenno, a indicarvi la via della felicità: il Parnaso, la stupenda terra del Peloponneso, e Olimpia, casa di Zeus.

È riuscito a raggiungermi – ricorda raccontando Ape Melissa – ma ho avuto pena del bellissimo Fuco Epì, come Artemis del giovane Alfeo, il cacciatore innamorato, che fu risparmiato dalla morte. Stava per abbracciarmi quando, guardandolo nei suoi occhi fatti di migliaia di diamanti sfaccettati, gli ho sussurrato: rigirati, torna a casa, Epì. Son tornata dal volo nuziale senza consumarlo.

Per conoscere la felicità non si è mai né troppo giovani né troppo vecchi. È bello occuparsi del benessere dell’anima, a qualsiasi età. Sostenere che non sia il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che sia ormai troppo tardi è come andar dicendo che non è il momento d’essere felice, o che ormai è passata l’età6.

Ih ih ih! Guarda, guarda! Non ha le natiche!

Questa risata sguaiata mi deconcentra. Che vergogna! Dioica è la solita incolta e rozza ortica.

La mia compagna di avventura ha attirato l’attenzione verso di noi. Solo gli esseri del Sud sanno essere così volgari!

Mi sento guardata da tutti. Siamo intruse, ma siamo qui per poter fare un reportage a testimonianza che queste cose non sono mai state, ma esistono!

Il senza natiche è il Fuco Teseo. È molto bello. Sulla testa ha una lunga treccina, ma si è fatto tagliare i peli davanti la fronte per non essere acciuffato per i suoi riccioli durante i combattimenti. È vero, non ha le natiche. Il suo compagno di avventure, il Fuco Piritoo, va dicendo che, dopo aver stuprato anche Elena, e dopo aver abbandonata Arianna su un’isola, insieme erano scesi nell’Ade a stuprare la moglie di Dite. Il dio li ricevette, li fece accomodare su due sedie cosparse di colla. Lì rimasero attaccati fin all’arrivo di Fuco Eracle che, per liberarli dalla sedia con un gesto violento, strappò loro le natiche. Da quel momento in poi, i fanciulli di Atene sono i senza natiche.

In una zona de Il Giardino volteggia un’ape splendente, luminosa, quasi aurea. È la solita Dioica curiosa e impertinente ad indicarmela. No, non ci casco! Quella non me la fa! Anzi, sono sicura. È Zeus in uno dei suoi travestimenti.

Lo conosco bene, ricordo tutto. Per riuscire a rapire e stuprare maschi e femmine, si è tramutato in nube, cigno, candido toro, aquila. Sono state le azzurre sopracciglia a farmi riconoscere il Cronide.

Serro i miei petali, non si sa mai. Non ha avuto rispetto nemmeno per un giovane fanciullo. Gli serviva un coppiere, e voleva che fosse gioioso e intelligente. I suoi occhi aquilini furono attirati da un bellissimo fanciullo troiano, Ganimede7, che sul monte Ida pascolava le sue pecorelle. Senza ripensamenti, in un attimo, prese sembianze di aquila e ghermì il giovane alla velocità del rapace per portarlo nell’Olimpo. Mise il giovane nel suo letto. Al padre di lui saldò il conto con una coppia di cavalli divini e un tralcio di vite. A Ganimede concesse di essere coppiere degli dèi. Zeus era solito ripagare i suoi amanti con regali. Un modo per risarcirli dei torti subiti? Così aveva già fatto con Europa, per suggellare il suo eterno amore le aveva regalato stelle.

A Tiro, Europa raccoglieva violette e narcisi insieme con le sue amiche… No, non adesso, di questo e degli altri rapimenti vi dirò poi, magari quando riuscirò a giungere davanti al padre degli dèi, nel suo tempio.

P.S.: per la stesura di questa missiva mi sono avvalsa della collaborazione di Ape Cerifera che ha fornito le tavolette di cera; di Ape Cesellatrice che ha inciso il messaggio e di Ape Iris8 che ve lo consegnerà.

P.P.S.: Vado dal mio Lettore, gli farò leggere la vostra missiva che è appena giunta da Rosateca: «La zia Gallica, Rosa Variegata di Bologna, è tornata al paradiso delle rose. Prima di andarsene ha chiesto di te, Moderna. “Dove sarà la nostra piccola? Quali avventure starà vivendo? Al suo ritorno ditele che mi sono mancate molto lei, la sua allegria, la sua vivacità, la sua fantasia”. Non soffrire per questo, Moderna. Tu sai che noi rose, sia quelle in cielo sia quelle in terra, non siamo che un’unica rosa. Baci dalle tue nonne, zie e cugine di Rosateca».

Questa è grossa! Dovrei credere che esiste il paradiso delle rose e magari anche gli angeli custodi dei fiori? Ma perché continuo a leggere?

Perché sei un sognatore come me, Lettore, nessuno ti ha costretto a scegliere il mio racconto. Niente pubblicità, niente presentazione in libreria, niente articoli di critici letterari.

Nulla ha potuto influenzare la tua scelta, caro il mio Lettore, hai scelto di tuo, liberamente.

Scelto?!? Non io, ma il destino scelse. Passeggiavo tranquillamente lungo un viale alberato, inebriato dal profumo dei tigli. Camminavo calmamente. Saprai certamente che il profumo dei tigli calma. Ad un tratto dall’alto, da una finestra, accompagnata da imprecazioni, mi sei caduta addosso tu, Moderna. Che dovevo fare? Eri stata rifiutata, abbandonata da qualcuno più furbo di me, stanco di leggere le tue storie. Buon per te che non ti sei spetalata. Io, checché tu ne dica, ho rispetto per i libri e ti ho semplicemente levata dalla strada. È così che sei finita nelle mie mani.

Attento, Lettore, a ciò che dici!

Chi hai levato dalla strada?

Me? Ma fammi il piacere!

Clelia Lanucara

nasce a Reggio Calabria il 12 giugno 1940.
La sua formazione umanistica comprende studi di Pedagogia, Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti, teologia, paramedica per disabili; con interessi via via più forti verso l’estetica, la filosofia, la letteratura.
Opera in istituti per disabili, dove crea una scuola di ceramica a supporto dello sviluppo motorio dei bambini; dedica molti anni con la Croce Rossa presso ospedali civili e militari.

Dal 1970 al 1980 dirige due gallerie d’arte, frequentate tra gli altri da Renato Guttuso, Giorgio De Chirico, Dorazio, Fabio Mauri, Carlo Carrà. Scrive per riviste del settore, realizza cataloghi di mostre e volumi su singoli artisti.
Oltre alle arti figurative, la sua curiosità è rivolta a nuove forme di espressione: Body Art ed eventi happening, con performer di alto livello. Fa anche da talent scout per giovani artisti, molti dei quali sono oggi conosciuti in tutto il mondo.

Nel 1992 vuole sperimentare territori nuovi e apre un negozio di fiori in corso Garibaldi a Reggio Calabria, che fin dall’inaugurazione la stampa definisce un’astronave. Un’iniziativa che attira attenzione e richieste di allestimenti da molte parti d’Italia, fino a quelli per le visite alla città di Giovanni Paolo II e del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Come riconosciuto da esperti prestigiosi, Clelia non crea semplici allestimenti floreali o addobbi, ma vere e proprie installazioni.

Un percorso di immaginazione artistica di grande originalità, che prosegue oggi attraverso la riflessione e la scrittura.