Milano, Unione Europea.
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non basta. (Fernando Pessoa)
NEL SETTIMO CREÒ IL MARACANÃ - leggi una pagina
15 giugno 1958, Mondiali in Svezia: Brasile-URSS.

Il clou della giornata è sicuramente lo scontro fra due modi di intendere il calcio diametralmente differenti. Brasile-URSS a Göteborg. Fantasia e invenzione contro logica e razionalità. Anarchia funambola contro piano quinquennale. Idea contro potenza. Dioniso contro Apollo.
La Seleção, per evitare grane, deve battere i sovietici. Come già accennato, Feola è di fronte al problema di dare maggiore efficacia all’attacco, e nello stesso tempo rafforzare una difesa che ogni tanto pareva ballare. Oltre a questo, i malumori di stampa, Commissione Tecnica e tra qualche giocatore rischiavano di portare il tutto alla solita deriva emotiva.

Sui sovietici poi giravano un’infinità di voci inquietanti: che avevano infiltrato loro spie tra i cucinieri e i camerieri degli alberghi dove alloggiavano le altre squadre; che il KGB preservava in modo ermetico i loro allenamenti, nessuno poteva avvicinarsi; che si alimentavano con un cibo da fantascienza; addirittura (il 4 ottobre 1957 i russi avevano inviato nello spazio lo Sputnik-1, primo satellite della storia; pochi giorni dopo era stata la volta della povera cagnetta Laika) c’è la convinzione che tutte le nazionali fossero spiate dallo spazio.
Di per sé tutto questo – comprese le liti nello spogliatoio brasiliano – sono più un prodotto giornalistico che non una situazione realmente grave. A testimonianza del clima tutto sommato sereno che impera nel ritiro canarinho è un episodio quasi sconosciuto fuori dal Brasile: il ritiro e il campo di allenamento dei russi era a trecento metri da quello brasiliano; approfittando di un permesso pomeridiano, Didi e Zagallo si vestono con impermeabiloni scuri, cappellacci e occhiali neri – lo stereotipo delle spie degli anni ’50 - entrano tranquillamente nel ritiro russo e assistono a un allenamento senza che nessuno dica loro niente...!

A semplificare o a complicare le cose ci sono in ballo anche due infortuni - Sani e Mazzola (come in Brasile chiamavano José Altafini), di per sé di lieve entità, ma che è possibile facciano balenare in testa a Feola orizzonti nuovi. Ricordiamo che il buon Vicente aveva conosciuto a fondo, nel São Paulo, la flessibilità e l’estrema potente malleabilità degli schemi di Béla Guttman, erede diretto della Grande Ungheria d’oro.
Dino Sani è il volante titolare, ha una classe cristallina e una visione di gioco strategica, tocca la palla in modo elegante e preciso, i suoi lanci sono inviti a nozze, è intelligente e signorile; forse difetta un po’ nell’interdizione, ma ha attorno difensori capaci di supplirlo alla bisogna. La sua riserva naturale è Zito, un calciatore di tutto un altro genere: duro e deciso in difesa, veloce nell’avanzare e a inserirsi nelle azioni che contano, onnipresente quasi ovunque; personalità da vendere, vero e proprio allenatore in campo; non ha i piedi sopraffini di Sani né il lancio al millimetro… ma quello che serve alla squadra forse è altro, in questo momento.
Mazzola ha solo vent’anni, ma dispone di un’agilità, velocità di esecuzione, grande senso nel seguire l’attacco e farsi trovare al posto giusto. Un talento puro, cui mancano forse solo doti fisiche da centravanti di sfondamento; e - a detta di qualche critico - la personalità da battaglia che un Mondiale richiede. Con chi sostituirlo?

Feola ridisegna la squadra, dimostrando un coraggio tecnico e tattico davvero grande. La formazione annunciata per l’incontro con l’URSS appare ai giornalisti brasiliani quanto di più sconclusionato e incoerente, un vero azzardo. Non solo ha sostituito Mazzola – come comunque chiedevano in molti – ma anche Sua Maestà Dino Sani si accomoda in panchina. La Seleção che si gioca la qualificazione contro i campioni sovietici si compone di: Gilmar; De Sordi, Bellini; Orlando, Nílton Santos, Zito; Didi, Garrincha, Vavá, Pelé, Zagallo.
Fanno storcere il naso praticamente tutte le novità: i piedoni di Zito in confronto con il tocco magico di Sani? Quel dribblomane di Garrincha, simpatico e divertente quanto si vuole, ma che puoi mettere dentro solo quando vinci 3-0? O Gasolina (il primo soprannome di Pelé...) poi, un ragazzetto di 17 anni? Quello che passa sotto traccia è che in realtà è cambiata l’intera disposizione di gioco del Brasile, perché l’unico vero attaccante di ruolo è Vavá e tutti gli altri partono da dietro, sono considerati centrocampo in avanzamento.
Quando gli dicono che deve esordire nei Mondiali, Pelé casca dalle nuvole e non ci crede… anche perché da giorni ha la testa da un’altra parte: si è innamorato perso di una ragazza svedese pari età, che abita poco a fianco dell’albergo del Brasile.
Anche Mané Garrincha, convinto di essere in Svezia solo come riserva, si era guardato in giro... suo figlio, rimasto poi con la madre, vive ancora oggi da quelle parti.

Si è molto discusso, in seguito in Brasile, se i cambiamenti per la partita contro l’URSS fossero stati un’idea di Feola, della Commissione Tecnica o dei senatori della Seleção. Non lo sapremo mai, perché Vavá dichiara: “Non ho sentito di nessuna imposizione da parte di nessuno per schierare Zito, Garrincha e Pelé. Pelé era addirittura sconosciuto a Rio. Penso si dica questo per sminuire il lavoro della Commissione Tecnica...". Ma Didi, poco dopo, ricorda che: "Avevamo convinto il tecnico Vicente Feola a mettere Pelé al posto di Dida, che avvertiva una contusione. Feola aveva paura a lanciare uno di 17 anni, ma alla fine si trova d’accordo con noi. E poi gli abbiamo chiesto di schierare Garrincha invece di Joel. Feola riceve il messaggio...".
Più preciso e sincero il racconto di un altro dei leader dello spogliatoio, il portiere Gilmar: “Non c’è stata nessuna imposizione, lite, rivolta. Era chiaro che la squadra non funzionava bene. Feola parla sempre con noi più esperti, e ci siamo trovati a discutere della formazione. Di colpo ci chiede se Garrincha e Pelé sarebbero stati all’altezza della responsabilità, e noi gli abbiamo risposto semplicemente di sì, perché li conosciamo nelle nostre squadre. Poi ci sono alcuni giocatori – come Mazzola – chiaramente preoccupati di risparmiarsi perché hanno già firmato con squadre europee. E altri ancora – come Joel e Dida – che non sopportano il peso della maglia...".
Lo stesso Didi risponde in malomodo ai giornalisti che accusano lui e altri di non impegnarsi in allenamento: "Treino é treino, jogo é jogo!" (l’allenamento è l’allenamento e la partita è la partita). E andate a quel paese...

I primi minuti della partita Brasile-URSS sono – questi sì – qualcosa di fantascientifico, perché di colpo mostrano al mondo la Seleção di Vicente Feola in tutta la sua nuova e devastante potenza.
Giocate pazzesche in pochissimo spazio, passaggi dove mai te li saresti aspettati, un’abilità irridente nel mantenere la palla. Un bombardamento atomico senza pietà, dove persino l’immenso portiere Yasin fatica a tenere la trebisonda. Tutto alla velocità della luce. Il gol di Vavá al 3’, due traverse nei successivi 100”, più di un’occasione nel successivo quarto d’ora. Il centro di questo cambiamento rispetto al Brasile versatile ma sterile dei primi incontri è proprio nei nuovi buttati nella mischia.
Zito è una barriera impenetrabile, e in più governa l’intera squadra con le sue urla e le sue parolacce – cose che mai Sani avrebbe fatto – verso chi non passa subito, non vede un compagno smarcato, non punta a rete con decisione. Una telecamera dotata di panoramica e zoom. Un antidoto contro la paura e un generatore di energia continua. L’allenatore in campo che il Brasile non aveva mai avuto.
Ma la coppia che ha trasformato la Seleção è quella allegra e incosciente di due fuoriclasse che – è chiaro – non sarebbero più usciti dalla nazionale. La tecnica, la velocità, l’invenzione continua di Garrincha e di Pelé rendono questi due praticamente immarcabili, e i loro numeri di altissima classe distruggono in pochi minuti il morale di uomini considerati di ghiaccio come i russi. Il Brasile sta mostrando al mondo la sua spettacolare Futebol-Arte.
Le finte e l’infernale paso doble della gamba zoppa di Garrincha. Il dinamismo quantistico di ogni tocco di Didi. Altro che Sputnik. La partita finisce 2-0, con raddoppio ancora di Vavá nel secondo tempo. Ma l’URSS proprio non è esistita, incapace del tutto di fermare Pelé e Garrincha. Soprattutto quest’ultimo ha impressionato il tecnico sovietico, Gavril Katchalin: "Garrincha è un autentico portento, un giocatore come non ne ho mai visti di simili!".