Milano, Unione Europea.
La letteratura, come tutta l'arte, è la confessione che la vita
non basta. (Fernando Pessoa)
LE UOVA DEGLI ANGELI - leggi una pagina
Pensavo a tutte quelle litigate nella sede del Collettivo sul contenuto da stampare sui volantini, dove i più incazzati se ne andavano sbattendo la porta; le idee camminavano veloci nelle nostre gambe e anche la diversa estrazione sociale degli stessi compagni poteva diventare un problema, le discussioni ci portavano a vedere come fosse vicina la Rivoluzione e quanto fossimo piccoli borghesi per farla. Non facevamo sconti a nessuno, la lotta per la libertà andava bene, la libertà un po' meno, il dibattito volava sempre alto, messo a verbale sotto porcherie di posacenere colmi di cicche, filtri e fiammiferi bruciati.

"Vedi figliolo, tutti questi boschi, queste rive erbose, questi canneti, questo fiume, tutto qui è molto bello e tranquillo. Ma tu crescerai e tutto questo non ti sembrerà più così bello, cambieranno i tuoi gusti e le tue idee, avrai altro da fare e ti piaceranno altre cose, crescendo tutto questo lo dimenticherai in fretta..."
Mi oscurai subito in volto. Io non volevo cambiare, stavo bene così, sono felice nonno, perché mi dici questo, ero angosciato dalla paura di cambiare e mi spaventava l'idea di cambiare per diventare non so nemmeno io cosa...

"Dobbiamo costruire un ponte tra scuola e lavoro, tra impresa e società, dobbiamo lottare affinché anche gli operai possano accedere alla cultura".
A pensarci bene, non era un'idea malvagia. Nel '68, l'università di massa la s'intravedeva appena e a capeggiare la ribellione erano per lo più figli di benestanti che venivano dal liceo, gente senza palle. Pasolini non era stato morbido con loro, facce di figli di papà, li aveva definiti, un po' prepotenti e con lo stesso occhio cattivo dei padri.
Il mio amato poeta friulano stava con i poliziotti, veri figli della povertà, del proletariato, stava dalla parte di questi ragazzi in divisa che provenivano dalle lande desolate del Sud d'Italia e dalle periferie del Nord; stava con loro, diceva, nonostante fossero della parte sbagliata. Su certe questioni preferivo sorvolare (forse il passaggio dall'aria buona delle nostre campagne al vivere nella capitale gli aveva dato qualche problema), ma sulla cultura delle masse avevo certe mie idee ed ero completamente dalla parte del governo sovietico.
I russi avevano reso obbligatorio lo studio degli scacchi nelle scuole e tra gli operai, con 120 ore di teoria e 60 di pratica all'anno; se i nostri lavoratori volevano vincere col padronato, spedire questa misera realtà a farsi friggere e innescare la Rivoluzione, dovevano cominciare da lì, dagli scacchi!

Tra tutte le stupidaggini che mi vennero in mente, la faccia per niente sicura di uno che sa come finirà, e che finirà male, le risposi che il pomeriggio dovevo studiare perché il giorno dopo avevo il compito in classe di matematica. Una balla colossale, in realtà non vedevo l'ora che riaprisse il negozio per comprarmi l'ultimo disco dei Gong, "Angels Egg", un disco che non avrei voluto perdere per tutto l'oro del mondo.